17.08.2015

Berna, 17.08.2015 – Allocuzione di apertura del Consigliere federale Didier Burkhalter in occasione della conferenza degli ambasciatori e della rete esterna 2015 - Fa stato la versione orale

Oratore: Didier Burkhalter

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Onorevole Ministro degli esteri della Repubblica federale di Germania,
care collaboratrici, cari collaboratori,
gentili signore, egregi signori,

sono molto lieto di poter condividere con Frank-Walter Steinmeier l’onore di presiedere questa seduta inaugurale. Benvenuto, caro Frank, e grazie per la tua disponibilità a discutere insieme a noi di politica estera. Il tuo indefesso impegno per un mondo più pacifico merita il rispetto di tutti noi.
La Germania e la Svizzera condividono molte sfide: difendiamo gli stessi valori, ci battiamo in entrambi i Paesi con decisione per individuare soluzioni politiche ai conflitti, siamo entrambi decisi ad assumerci responsabilità sul fronte della politica estera. I nostri due Paesi sono strettamente legati da vincoli economici, culturali e umani.

La Germania e la Svizzera sono partner. Con la crisi ucraina e la presidenza svizzera dell’OSCE si è sviluppata tra noi una collaborazione molto stretta. Ed è nostra intenzione approfondire ancora questo partenariato. Ieri, nella cornice dell’incontro a quattro con l’Austria e il Liechtenstein, abbiamo lanciato una cooperazione di lungo periodo su vari temi centrali in ambito OSCE. Oggi, nel corso dei nostri colloqui bilaterali, parleremo di altri ambiti di cooperazione, anche con attinenza all’Europa.

Nei prossimi anni la politica estera svizzera dovrà concentrarsi principalmente su due temi: da un lato garantire un rapporto di partenariato regolato e ampliabile tra la Svizzera e l’UE, dall’altro impegnarsi con maggior vigore per garantire la pace e la sicurezza. Sono due settori nei quali vogliamo cooperare a stretto contatto con la Germania: siamo partner per la stabilità, la prosperità e la pace.

Cominciamo dall’Europa.

I contorni che assumeranno le relazioni tra la Svizzera e l’Unione europea sono cruciali per entrambi.
Abbiamo un mutuo interesse nella costruzione di un partenariato bilaterale stabile. In quanto attore economico di rilievo e ponte tra Nord e Sud, la Svizzera è più strettamente intrecciata all’UE di alcuni suoi Stati membri. L’importanza di un partenariato stabile è resa evidente anche dal fatto che la Svizzera e l’UE si devono confrontare, nella propria area geografica, con sfide che possiamo superare solo agendo insieme. Sono in gioco il nostro benessere e la nostra sicurezza.

La convergenza d‘interessi è particolarmente marcata con i nostri Stati limitrofi:

un terzo dell’intero commercio estero della Svizzera e quasi due terzi di quello con l’UE ha come controparte i nostri Stati confinanti. Da parte sua, la Svizzera è per ognuno dei suoi Stati limitrofi uno dei dieci principali partner commerciali. Molto stretti sono però anche i legami umani: più di 750 000 cittadine e cittadini provenienti dagli Stati vicini vivono e lavorano in Svizzera, mentre altri 290 000 lavorano da noi come frontalieri.
Particolarmente degno di nota è il forte legame tra la Svizzera e la Germania, il nostro vicino territorialmente più esteso: quasi un quarto del volume degli scambi commerciali mondiali della Svizzera è ascrivibile alla Germania. Germania che dal canto suo pareggia e raddoppia l’importo del deficit della bilancia commerciale con la Cina (circa 5,6 miliardi CHF) grazie a oltre 11 miliardi di franchi di surplus nei confronti della Svizzera. Il solo volume degli scambi tra la Svizzera e il Baden-Württemberg equivale a quello che intercorre tra la Svizzera e gli Stati Uniti. Circa 300 000 cittadine e cittadini tedeschi vivono e lavorano in Svizzera, mentre le imprese svizzere impiegano in Germania circa 290 000 persone.

Per la Germania, la direzione in cui si svilupperanno le relazioni della Svizzera con l’Unione europea è un tema cruciale che tocca da vicino, soprattutto, i numerosi cittadini e cittadine tedeschi e svizzeri che vivono e lavorano nell’altro Paese. 

Per questo motivo il Consiglio federale intende condurre un dialogo particolarmente serrato con la Germania – ma anche con la Francia, l’Italia e l’Austria – sulle questioni ancora in sospeso sul fronte delle relazioni Svizzera-UE. Insieme possiamo, e dobbiamo, identificare soluzioni lungimiranti.

Oggi l’Unione europea è assediata dalle numerose crisi che si dipanano ai suoi confini. E al contempo fa di tutto per difendere le fondamenta della sua costruzione interna. La crisi dell’euro e del debito è diventata un serio elemento di frattura politica ed economica. Le incertezze sul futuro del Regno Unito nell’UE e l’ascesa dei partiti populisti concorrono a rendere ancora più imprevedibile del solito il prossimo corso dell’unificazione europea.

So però per certo tre cose. In primo luogo la storia dell’unificazione europea è una storia delle sue crisi. Possiamo essere certi del fatto che, anche nell’attuale situazione, l’UE continua a evolversi e a crescere, e che il progetto europeo resta vivo, anche grazie al Governo tedesco, indefettibile nel suo impegno per un’Europa pronta ad affrontare il futuro. In secondo luogo è interesse della Svizzera che l’UE esca dalla crisi attuale e sia efficace nella sua azione. In terzo luogo è nell’interesse di noi tutti contribuire alla stabilità dell’Europa attraverso relazioni regolate tra la Svizzera e l’UE. Sono già abbastanza le crisi intorno a noi.

Una caratteristica propria della politica europea della Svizzera è la sua vicinanza alle esigenze delle cittadine e dei cittadini.
Nella ricerca di soluzioni ci preme concretizzare due importanti esigenze del popolo svizzero: vogliamo controllare meglio la migrazione e rinsaldare durevolmente la via bilaterale.

ll Consiglio federale ha istituito una struttura preposta alla gestione del complesso dei negoziati con l’Unione europea (UE) guidata dal segretario di Stato Jacques de Watteville. Nell’ambito delle trattative il capo negoziatore è responsabile di conseguire un risultato d’insieme conforme agli obiettivi definiti nei mandati in vigore. Nello svolgimento di questo delicato compito sarà affiancato da un gruppo di negoziazione e coordinamento e dalla Direzione degli affari europei.

Ne siamo tutti consapevoli: non ci resta molto tempo per attuare sul fronte interno e su quello estero la nuova disposizione costituzionale. Ora abbiamo bisogno di soluzioni innovative, di dialogo e di cooperazione, anche – e soprattutto – con i nostri vicini.

Signore e signori,

Il secondo grande compito della politica estera svizzera è il nostro impegno a favore della pace e della sicurezza, un ambito in cui la Svizzera presta già un’opera considerevole con l’ausilio di strumenti innovativi. Vogliamo e dobbiamo fare ancora di più. Anche in questo campo il partenariato con la Germania svolge un ruolo importante.

Il motivo per cui è necessario potenziare l’impegno è semplice: il mondo ha perso la sua stabilità. Oggi ci confrontiamo con una moltitudine di crisi, la diplomazia e il sistema umanitario sono necessari come poche volte prima d’ora. Dobbiamo ormai accettare il fatto che le crisi sono lo stato di normalità.

È soprattutto il nostro spazio regionale allargato a essere segnato dall’instabilità. Nelle regioni immediatamente a Sud dell’Europa, il quadro è, come mai prima, tracciato da guerre, frizioni geopolitiche, Stati in disgregazione e terrorismo di stampo jihadista. Ai margini orientali del continente è l’Ucraina a tenerci con il fiato sospeso. Da quando la Russia ha preso le distanze dall’Occidente l’ordine di pace europeo si trova in una crisi profonda.

Le conseguenze dei conflitti, della cattiva governance e della mancanza di prospettive nei Paesi dell’immediato vicinato dell’Europa si ripercuotono principalmente sulle persone sul luogo, ma diventano sempre più evidenti anche all’interno dei confini europei.

Pensiamo per esempio ai crescenti flussi di profughi e migranti, così come alle annesse storie umane e alle questioni politiche di difficile risoluzione. Oppure ancora al rischio di radicalizzazione e di attacchi terroristici.

Le nostre concittadine e i nostri concittadini possono aspettarsi che la politica estera della Svizzera faccia la sua parte per contribuire a superare queste sfide. La prevenzione dei conflitti e la gestione delle crisi stanno diventando compiti sempre più determinanti della politica estera svizzera.
Il nostro impegno per garantire la pace e la sicurezza non può tuttavia limitarsi a una gestione a breve termine delle crisi. Creare stabilità implica anche la necessità di affrontare le sfide strutturali, consolidare un ordine internazionale fondato sulle regole e garantire prospettive adeguate alle generazioni che ci succederanno.

Impegnarsi per garantire la pace e la sicurezza vuol dire pertanto affrontare le crisi e inquadrare la globalizzazione. Due compiti molto complessi nel nostro mondo multipolare. Ma proprio le ultime settimane hanno dimostrato come, con il dialogo e la perseveranza, sia possibile individuare soluzioni politiche viabili anche per questioni internazionali chiave. Sto pensando, per esempio, all’accordo sul nucleare con l’Iran, che ha potuto contare sul decisivo contribuito della Germania e anche sull’aiuto prestato dalla Svizzera. Poi alla nuova agenda 2030, attraverso cui la comunità internazionale si è dotata di un’ambiziosa cornice di riferimento per lo sviluppo sostenibile.

Con la sua esperienza e competenza, nonché con la sua autorevolezza e la sua rete esterna universale, la Svizzera è in una buona posizione per intrecciare legami e fornire un utile contributo all’affermazione di un mondo più pacifico. Tanto più se il nostro impegno gode di un ampio sostegno politico interno. Secondo l’ultimo sondaggio annuale del Politecnico di Zurigo (ETH) circa l’80 per cento degli interpellati è d’accordo sul fatto che la Svizzera debba esercitare una maggiore funzione di mediazione nei conflitti e svolgere un ruolo più attivo nelle conferenze internazionali. Più di due terzi degli interpellati asseriscono che la Svizzera deve impegnarsi con vigore nell’aiuto allo sviluppo.

I nostri concittadini lo sanno: più è sicuro lo spazio intorno a noi, meglio sta la Svizzera. Sostengono il nostro impegno perché vedono che anche questo settore della politica estera svizzera è vicina alle esigenze delle cittadine e dei cittadini. I punti di forza intrinsechi del nostro Paese sono anche i principi guida della nostra politica estera. Ci battiamo per il dialogo e per una cultura del compromesso, per la partecipazione politica e sociale, per la democrazia e per la delimitazione dei potenti attraverso il diritto.

E per una maggiore umanità. I due convogli del nostro Aiuto umanitario che negli ultimi mesi hanno attraversato – primi nel loro genere – la linea di contatto in Ucraina sono un simbolo della tradizione umanitaria e della solidarietà della Svizzera.

Signore e signori,

come deve essere strutturato il nostro impegno a favore della pace e della sicurezza in futuro? Il DFAE è sostanzialmente ben attrezzato in questo settore. La vertiginosa evoluzione politica internazionale ci impone tuttavia di ridefinire continuamente i termini del nostro impegno.
A questo proposito vorrei fare cinque riflessioni.

Primo, la sicurezza umana si è dimostrata un valido principio guida del nostro agire. Ognuno deve poter vivere senza avere paura. La cassetta degli attrezzi che la Svizzera si è costruita negli ultimi 15 anni per la promozione della pace e dei diritti umani è la sua carta vincente.

I nostri buoni uffici godono di alto apprezzamento: l’ho potuto constatare ancora una volta la scorsa settimana nei colloqui con il Ministro degli esteri cubano e con il Segretario di Stato statunitense all’Avana. Ma così come cambia il panorama dei conflitti, anche noi dobbiamo adeguare costantemente la nostra cassetta degli attrezzi. Vogliamo ampliare in particolare le nostre capacità di mediazione: più esperti e più addetti alla diplomazia della mediazione. Questo è uno dei campi in cui vogliamo creare un partenariato con il Ministero degli affari esteri tedesco.
Secondo, il nesso tra sviluppo da una parte e pace e sicurezza dall’altra è sempre più importante: dobbiamo tenerne conto.

L’agenda di sviluppo dell’ONU contiene, per la prima volta, un obiettivo che punta alla pace e all’instaurazione di società inclusive. Noi abbiamo anticipato questa tendenza e partecipato alla sua definizione, per esempio con la Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo o con il nostro contributo al «New Deal» del 2011 per l’impegno in contesti fragili. La metà dei Paesi partner della cooperazione svizzera allo sviluppo è considerata fragile: oltre alla lotta contro la povertà, in questi Stati sono necessarie iniziative per l’elaborazione delle cause di conflitto e il potenziamento della capacità di resistenza alle crisi.

A fronte del crescente intreccio tra pace e sviluppo, i nostri servizi devono cooperare a più stretto contatto reciproco e operare in modo complementare. Per fare in modo che questo avvenga, l’anno prossimo presenteremo al Parlamento, per la prima volta, un messaggio unico per i vari crediti quadro della cooperazione internazionale.

Terzo, dobbiamo portare avanti il nostro impegno nell’affrontare le cosiddette nuove minacce transnazionali, come il terrorismo e gli attacchi cibernetici, e contestualmente prendere atto del fatto che le sfide classiche alla sicurezza internazionale tornano con maggiore virulenza nel nostro mondo multipolare. Garantire la sicurezza mediante la cooperazione resta un principio guida risolutivo e, anche per affrontare sfide segnate dalle tendenze egemoniche, sarà spesso necessaria la nostra competenza in materia di «soft security».
Le questioni attinenti all’ordine di pace europeo continueranno a occuparci per molto tempo. Continueremo a lavorare in ambito OSCE, apportando buone idee, anche dopo che sarà conclusa la nostra partecipazione alla troika, non da ultimo nel quadro della collaborazione con i Paesi di lingua tedesca (Germania, Austria, Svizzera e Liechtenstein). Per quanto riguarda l’Ucraina, stiamo potenziando le nostre attività bilaterali, complementari all’impegno in ambito OSCE, sulla base della nostra nuova strategia quadriennale. La Svizzera sarà attiva anche in altre aree del mondo a favore della sicurezza cooperativa, soprattutto in Asia orientale. È nostra intenzione portare avanti anche il nostro impegno per il controllo degli armamenti e il disarmo.

Quarto, la Svizzera contribuisce alla pace e alla sicurezza anche con il suo impegno per la definizione di norme multilaterali efficaci, per il rafforzamento del diritto internazionale pubblico e perché sia garantita l’efficacia delle organizzazioni internazionali. Continueremo per esempio a batterci, insieme al CICR, per un nuovo meccanismo atto a facilitare una maggiore tutela del diritto internazionale umanitario. Una delle priorità per i prossimi anni è rappresentata dalla candidatura a un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Un pilastro portante del nostro impegno per la pace e la sicurezza resta infine la Ginevra internazionale. Al momento stiamo perorando la causa affinché vi sia stabilita la sede della Segreteria del Trattato sul commercio delle armi. Continueremo anche a sostenere con risolutezza l’ONU nell’individuazione di soluzioni per i conflitti, per esempio in Libia, Yemen o Siria.

Quinto, i temi trasversali acquistano sempre maggiore peso e, con essi, anche la necessità di coordinamento. Con le nuove linee guida su acqua e sicurezza, i nostri servizi stanno lavorando insieme affinché, da causa di conflitto, l’acqua passi a essere sempre più un motore per lo sviluppo e la cooperazione. Presto sarà disponibile anche un programma pan-dipartimentale relativo a un altro tema chiave: la prevenzione dell’estremismo violento. Su questo fronte la Svizzera dispone di strumenti innovativi, per esempio per la promozione del sistema di formazione duale o per l’analisi dell’area tematica in cui si intersecano religione, politica e conflitti. Per l’eradicazione delle cause del terrorismo attribuisco grande importanza al Community Engagement and Resilience Fund (GCERF) a Ginevra.

L’uso combinato di strumenti diversi è essenziale anche nell’ambito della politica migratoria. Uno strumento importante è rappresentato dai partenariati in materia di migrazione. Qui si tratta di capire cos’altro possiamo ancora fare nei Paesi di transito e di provenienza. Per me è evidente che, in casi come quello dell’Eritrea, possiamo indurre un cambiamento di attitudine nel Governo solo se lavoriamo in coordinamento con altri Stati interessati, nella fattispecie, per esempio, Norvegia, Paesi Bassi e – ancora una volta – Germania.

Signore e signori,

la Svizzera e il mondo si trovano dinnanzi a sfide considerevoli. In qualità di collaboratori e collaboratrici del Dipartimento federale degli affari esteri, voi fornite un importante contributo alla loro gestione. La diplomazia è oggi necessaria come mai prima: è un’opportunità. Il vostro lavoro, cari collaboratori e collaboratrici, è utile e importante. È irrinunciabile.

I valori della diplomazia svizzera sono i suoi stessi punti di forza: promuoviamo il dialogo e diamo ascolto a tutte le parti, anche al nostro popolo. Non ci lasciamo andare al disfattismo, ma cerchiamo di superare gli ostruzionismi e di forgiare il futuro attuando soluzioni innovative.

Faccio affidamento sulla passione che ci mettete nell’adattarvi costantemente al vertiginoso cambiamento del nostro mondo. Vi esorto ad agire con senso di responsabilità e volontà costruttiva e a impadronirvi delle competenze necessarie per rispondere alle esigenze di oggi e di domani.

Il nostro compito è quello di offrire a voi le condizioni quadro adeguate per raggiungere questi scopi. Guardando alla nostra politica del personale dovremmo, per esempio, vagliare quanto sia auspicabile e praticabile creare più carriere focalizzate su aree tematiche specifiche, non solo nella mediazione ma anche intorno a temi come il diritto internazionale pubblico, le finanze o la cooperazione allo sviluppo. Dobbiamo ridefinire costantemente anche il tema delle persone di accompagnamento.

È importante inoltre che integriamo nella nostra mentalità una logica di economicità ancora più marcata. Il Consiglio federale ha stabilito un pacchetto di misure di risparmio per il 2016 e ha messo in corso un Programma di stabilizzazione per gli anni successivi. Anche il DFAE dovrà fare la sua parte sulle misure di risparmio. Vi prego di contribuire, di vostra iniziativa, a introdurre ottimizzazioni, a sfruttare sinergie e a individuare possibilità di riduzione dei costi: anche tutto ciò concorre a definire una politica estera vicina alle esigenze delle cittadine e dei cittadini.

Per me è infine importante che tutti noi agiamo come elementi di una sola politica estera. Le parole d’ordine sono coordinamento e cooperazione: non possiamo permetterci di pensare per compartimenti stagni. Accelerando l’integrazione all’interno della rete esterna e alla Centrale, stiamo consolidando la coerenza nel Dipartimento. Solo così la politica estera della Svizzera può essere efficace e coesa, sia in patria che all’estero.

Per questo motivo, cari collaboratori e care collaboratrici, vi ringrazio tutti per la dedizione e per l’apprezzata collaborazione. A noi, caro Frank, auguro il proseguimento di una stretta cooperazione tra la Germania e la Svizzera a beneficio dei nostri concittadini e delle nostre concittadine, dell’Europa e di un mondo più pacifico. È proprio in tempi difficili come questi, in cui le crisi imperversano, i fossati si allargano e la comprensione reciproca vacilla, che la diplomazia – se vera, collaborativa e innovativa – diventa il nostro ponte verso un domani migliore.


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Ultima modifica 29.01.2022

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