Cari giovani amici,
Quest’oggi avete preso il posto dei deputati federali nella sala del Consiglio nazionale. Ma un domani sarete voi a occuparlo…
Oggi siete i rappresentanti della gioventù svizzera. Domani, sarete i giovani rappresentanti della Svizzera.
La Svizzera e il mondo di domani appartengono a voi. Noi, le autorità tutte, abbiamo la responsabilità di lavorare per trasmettervi domani una Svizzera e un mondo che vive nella pace e dove si respirano i valori della libertà. Costruire il futuro è l’obiettivo principale della politica.
Aiutarci a plasmare un mondo siffatto è tuttavia anche una vostra responsabilità, responsabilità di voi giovani. La politica, come ho detto, è fatta per voi, ma deve anche essere fatta da voi, attraverso il vostro impegno.
«In un nobile cuore dalla somma degli anni non dipende il valore». Non esiste un’età giusta per assumersi le proprie responsabilità e impegnarsi per il proprio paese! Voi stessi siete per altro la prova, qui ed oggi, del fatto che i giovani s’interessano alla politica, avendo dimostrato da due giorni a questa parte che fare politica significa lavorare con cuore e convinzione su temi ardui e importanti, come la Svizzera e l’Europa, il razzismo, l’uguaglianza o la lotta contro la disoccupazione giovanile.
Da sempre i giovani infondono ispirazione al mondo, spesso dimostrando molto coraggio. Malala Yousafzai ha 17 anni e combatte già da diversi anni per far sì che quello scolastico sia ovunque il cammino naturale da intraprendere: una realtà non sempre valida, soprattutto per le giovani ragazze. Lo sguardo e il sorriso di Malala hanno fatto il giro del mondo. Uno sguardo e un sorriso così profondi, così veri e giovani da non poter essere scalfiti nemmeno dal Premio Nobel per la pace.
Agire significa anche esercitare il diritto di voto, là dove questo è possibile, soprattutto in Svizzera! A Glarona si può votare a partire dai 16 anni. Garantire il diritto di voto dai 16 anni in su è un atto di fiducia verso i giovani, un atto che permette di condividere e trasmettere delle responsabilità.
In fondo, questa condivisione fatta di ascolto e dialogo è il tema che ho voluto promuovere quest’anno, ponendo la gioventù al centro della presidenza del Consiglio federale, assieme all’apertura e il lavoro.
La Svizzera è un Paese florido che deve gran parte di questo successo ai propri rapporti e al proprio commercio con il resto del mondo. Per difendere i nostri interessi e i nostro valori dobbiamo essere presenti e attivi in questo mondo. L’apertura è da sempre un elemento chiave del successo della Svizzera, Paese cresciuto attorno all’asse del Gottardo, un asse che spalancheremo fra due anni.
Un altro elemento chiave è il lavoro. Un lavoro di qualità, come ci piace fare in Svizzera. Un lavoro per tutti, grazie a un’economia inclusiva che crea posti di lavoro. Se la Svizzera vanta l’economia più competitiva del pianeta lo dobbiamo soprattutto alla nostra apertura al mondo, attraverso numerosi accordi economici, in particolare di libero scambio. Lo dobbiamo anche ai nostri accordi bilaterali con l’Unione europea: accordi fondamentali per la nostra prosperità.
Questo lo sanno bene i cittadini, che sostengono la via bilaterale nel corso di votazioni e sondaggi. Il bilateralismo dovrà rappresentare anche per voi e per le generazioni future il cammino della Svizzera verso l’autonoma e il successo. Grazie agli accordi bilaterali il commercio con l’Unione europea prospera: ogni giorno lavorativo lo scambio di merci fra la Svizzera e l’Unione europea ammonta a quasi un miliardo di franchi. Questo significa tantissimi posti di lavoro per tantissime famiglie.
Grazie agli accordi bilaterali i giovani studenti in Svizzera possono trascorrere un semestre universitario o fare un praticantato in un altro Paese europeo. 7000 giovani hanno approfittato di questa possibilità nel 2013. In svariati altri ambiti la via bilaterale giova sia ai cittadini svizzeri che a quelli europei.
Per questi motivi il Consiglio federale vuole portare avanti i negoziati con l’Unione europea nel rispetto della volontà popolare: per un migliore controllo dell’immigrazione e per un ulteriore sviluppo della via bilaterale.
Le discussioni sono iniziate, ma non saranno facili e richiederanno un duro lavoro. A tale scopo la Svizzera deve dimostrare unità e volontà.
Dovremo di nuovo prendere una decisione importante in questo Paese fra un mese, in occasione della votazione sull’iniziativa popolare Ecopop. L’iniziativa rappresenta una cruciale inversione di rotta per il nostro Paese e preclude prospettive per il futuro. Essa agisce su due livelli: una diminuzione drastica dell’immigrazione con l’introduzione di rigidi contingenti, già a partire dall’anno prossimo, in combinazione con uno sperpero dei fondi per l’aiuto allo sviluppo.
Le disposizioni incompatibili con la libera circolazione delle persone condannerebbero definitivamente la via bilaterale e taglierebbero i ponti con il nostro unico vicino nonché partner commerciale più importante.
L’iniziativa Ecopop solleva diversi interrogativi.
È forse giudizioso rimettere in gioco proprio quell’apertura che ha garantito il successo del nostro Paese?
Vogliamo davvero avallare un’iniziativa che costringerebbe il nostro Paese ad accogliere i rifugiati in seguito a crisi internazionali, ma che ci proibirebbe al contempo di assumere le decine di migliaia di lavoratori stranieri di cui necessita la nostra economia? È sensato prediligere il nostro impegno umanitario a scapito del nostro benessere, o viceversa? Vogliamo arrivare a dover scegliere fra i nostri valori e i nostri interessi?
Vogliamo davvero accettare un’iniziativa che comporta un forte aumento del traffico transfrontaliero e dei dimoranti temporanei, visto che concerne esclusivamente la popolazione residente? È giudizioso cagionare un aumento del traffico e delle emissioni inquinanti se vogliamo proteggere l’ambiente?
Ha forse senso attuare misure spontanee di pianificazione familiare per i più poveri del nostro pianeta?
Non dovremmo invece promuovere in primis la sicurezza alimentare, l’istruzione, la sanità e le pari opportunità, soprattutto per le donne e le ragazze?
Dobbiamo davvero considerare l’essere umano come un problema, o dovremmo piuttosto vedervi la soluzione ai problemi venturi? Dobbiamo davvero a trattare le nuove generazioni come elementi soprannumerari invece di vedervi la speranza per la nostra futura coesistenza?
Il Consiglio federale e il Parlamento hanno preso una posizione chiara a riguardo e raccomandano di votare no all’iniziativa Ecopop, destinata a non raggiungere i propri obiettivi e a minare le basi della prosperità del nostro paese.
Cari giovani,
oggi parliamo del futuro e sono felice di vedervi, di incontrarvi. Mi rallegro inoltre di constatare che fate molto meno chiasso rispetto ai consiglieri nazionali quando in questa sala il Consiglio federale difende le sue posizioni …
Sono felice dunque di incontrarvi, così come sono stato felice di incontrare quest’anno molti altri giovani, provenienti da ambienti diversi.
Sono stato guidato attraverso il Salone dell’auto di Ginevra da apprendisti carrozzieri e dell’automobile: a sentirli parlare del proprio mestiere, sembrava che le stesse automobili assumessero nuove colorazioni…
Ho incontrato degli apprendisti allevatori all’OLMA di San Gallo, e ci vuole poco per capire che per loro la vita è passione per la natura.
Ho dibattuto con studenti di relazioni internazionali alla Maison de la Paix, ho discusso con studenti liceali di Sion che partecipavano a una simulazione delle Nazioni Unite e con giovani impegnati nella vita locale a Glarona.
Ho accolto, qui a Berna, scolaresche che avevano venduto dei distintivi per una buona causa. Ho visto la loro curiosità «infervorarsi» quando abbiamo visitato la sala del Consiglio federale.
Ho ricevuto gruppi di giovani svizzeri all’estero, in particolare il 1° agosto: ci siamo imbarcati insieme su un battello. È dovuto pure intervenire il capitano poiché tutti questi giovani volevano fare dei «selfies», raggruppandosi tutti nello stesso posto… al punto che il battello si è inclinato senza più riuscire a tenere la rotta!
Ho incontrato anche i parlamenti dei giovani, quelli che si sono divertiti a ringiovanire il look dei consiglieri federali. Il risultato è che ora vengo confuso con Sean Penn… mentre prima, lo ero con George Clooney!
Pur non essendo un appassionato di Twitter, ne ho scoperto la forte «dinamica giovanile» con la diffusione su scala mondiale della foto scattatami su un binario della stazione di Neuchâtel, oramai la più conosciuta del pianeta. Tutto ciò ha dimostrato un fatto evidente: che si può fare politica a livello governativo rimanendo sempre se stessi.
Per riassumere, ho l’impressione che quest’anno sia stato rischiarato dalla gioventù, nonostante la durezza delle crisi e della realtà odierna.
Proprio ieri, poche ore fa, ero ancora a Ypres, in Belgio, dove ho raggiunto tre classi liceali svizzere di Morges, Tenero e Listal, che hanno partecipato al concorso «1914─2014». Siamo andati a Ypres perché è lì che si sono svolte le battaglie iniziali della Prima guerra mondiale. Proprio lì centinaia di migliaia di giovani hanno trovato la morte. La piccola città di Ypres fu completamente rasa al suolo, nonostante il Belgio fosse un Paese neutrale. Affinché questo non si ripeta, occorre coscienza, memoria e impegno, insieme ai giovani. Dopo quest’anno di presidenza, dopo tutti questi incontri, il mio augurio è quello di poter continuare il dialogo con i giovani, ad esempio in occasione del loro ritorno da un’esperienza all’estero, o nel corso di una di queste. Questi incontri permettono infatti di tornare sempre alle questioni essenziali.
A ben vedere, i giovani che ho incontrato, in qualsiasi angolo del mondo vivano, si aspettano dalla politica più o meno la stessa cosa: vivere in pace e libertà, beneficiare di una buona istruzione, esercitare una professione che corrisponda alle loro ambizioni, conoscere e riconoscere la dignità.
Pace, formazione, lavoro: tre ambiti in cui la Svizzera ha molto da offrire.
La Svizzera può far valere le proprie idee e competenze per quanto concerne il lavoro e la competitività.
Vanta un tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, fra i più bassi d’Europa ed è il Paese più competitivo al mondo.
Il nostro sistema di formazione professionale duale è un elemento cruciale per il futuro: è per questo che il Consiglio federale ha deciso di dedicarvi l’anno 2014. Prima di tutto in Svizzera, dove si sono svolte numerose manifestazioni, quali il «Campionato Svizzero delle professioni» che ha riunito a Berna un migliaio di giovani apprendisti, rappresentanti 130 mestieri diversi, in gara per aggiudicarsi il titolo di «campione svizzero». Alcuni di voi vi hanno forse partecipato.
Poi, però, anche a livello internazionale: la Svizzera ha riunito i rappresentanti di 70 Paesi per mostrar loro il nostro sistema di formazione duale. Siamo infatti convinti che sia uno strumento adeguato per lottare contro la disoccupazione giovanile. Nel corso dei miei viaggi ho avuto modo di vedere regioni dove il tasso di disoccupazione giovanile ammonta al 50%: a malapena una possibilità su due di trovare lavoro, di credere in una prospettiva futura. Una siffatta realtà è un fallimento completo e non abbiamo il diritto di sacrificare in questo modo un’intera generazione.
Lavoro e formazione dunque, due capisaldi dell’identità svizzera. Ma c’è qualcosa di ancora più importante: la pace. Anche su questo fronte la Svizzera è attiva: la cultura del dialogo, il rispetto delle minoranze, la ricerca del consenso e la condivisione del potere. Condividere il potere è fondamentale per scongiurare le crisi e ridurre le tensioni, ma anche per svolgere una funzione integrativa.
Vogliamo promuovere il dialogo e costruire ponti. Ci impegniamo per la sicurezza attraverso la cooperazione. L’abbiamo fatto anche nel corso di quest’anno, così segnato da sconvolgimenti da Est a Ovest, assumendo la presidenza dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE).
La Svizzera vuole soprattutto contribuire a risolvere la grave crisi che affligge l’Ucraina. Il nome «Ucraina» significa «Paese di frontiera» … Un paese che dovrebbe appunto rappresentare un ponte fra Est ed Ovest e che invece tende a lacerarsi, rischia di diventare una frattura piuttosto che fungere da legame.
La Svizzera e l’OSCE operano inoltre nei Balcani, teatro di guerra fino a solamente 20 anni fa, o ancora nel Caucaso, dove lo sviluppo è troppo spesso paralizzato da numerosi conflitti «latenti».
Un merito del programma della presidenza svizzera è stata sicuramente la creazione di un «Modello OSCE» destinato ai giovani.
D’intesa con il Governo serbo, ci siamo prefissati di elaborare un Piano d’azione per la gioventù entro la fine delle nostre presidenze consecutive. Volevamo capire che forma assumerebbe un simile piano se fossero proprio i giovani a svilupparlo.
La Presidenza Svizzera ha creato a questo scopo il cosiddetto Modello-OSCE, che ha visto 57 giovani donne e uomini provenienti da tutte le regioni dell’Organizzazione prendere parte a una simulazione del ciclo procedurale OSCE e accordarsi sulle raccomandazioni da indirizzare alle regioni e Stati parte dell’OSCE.
I 57 ambasciatori della gioventù si sono incontrati in due cicli di trattative: a gennaio a Vienna e a giugno a Belgrado, consultandosi nel frattempo su Internet per limare documenti e raccomandazioni, scendendo a compromessi e raggiungendo infine un consenso. La ricerca del consenso è stata laboriosa: a Belgrado, un ambasciatore della gioventù ha affermato di non essere stato sempre interamente d’accordo «ma che volevamo a tutti i costi raggiungere un consenso, questa era la cosa più importante per poter creare qualcosa e influenzare il successivo processo OSCE in favore di un’inclusione dei giovani».
In alcune raccomandazioni i partecipanti hanno espresso punti di vista diversi, per esempio sulla questione del mantenimento o abolizione dell’obbligo generale di leva militare. Situazioni simili hanno messo in evidenza quanto sia difficile raggiungere un consenso.
A volte, quando un accordo sembrava lontano e il tempo era tiranno, alcuni ambasciatori ricordavano il bisogno di trovare un consenso e non perseverare cocciutamente sulla propria posizione.
Mi ricordo bene quando, il 16 gennaio, ho presidiato per la prima volta il Consiglio permanente in qualità di Presidente dell’OSCE. Quello stesso giorno incontrai anche i 57 ambasciatori della gioventù che avevano appena iniziato le proprie consultazioni.
Si erano incontrati per la prima volta. Ammisero come fosse laborioso e difficile accettare le idee altrui e scendere a compromessi. Ciò che il giovane precedentemente citato descrive è un processo di apprendimento fondamentale per chi desidera impegnarsi per la coesistenza sociale e politica. Questo l’avrete appreso verosimilmente anche voi qui a Berna da giovedì scorso: qui però, contrariamente all’OSCE, non avete bisogno dell’unanimità ogni decisione!
Il Modello OSCE ha reso possibile questo processo di apprendimento dimostrando in modo esemplare come il raggiungimento del consenso sia possibile, anche laddove ci si conosce poco e in un contesto che riunisce persone di origini culturali e sociali molto diverse. In realtà, tutto questo è molto «svizzero» e molto vicino alla nostra cultura politica!
Questo è uno degli insegnamenti offertoci dal Modello OSCE, che racchiude una gran parte del suo valore aggiunto.
L’altra lezione è che, ora che il Modello OSCE ha licenziato il proprio Piano d’azione per la gioventù, abbiamo capito cosa intendono i giovani oggi con la parola «sicurezza», che cosa gli Stati e le Organizzazioni internazionali devono fare affinché le giovani generazioni si sentano in sicurezza.
Il Piano d’azione per la gioventù del Modello OSCE è una vera e propria miniera di idee. I 57 giovani ambasciatori hanno incentrato le proprie raccomandazioni sui seguenti tre capisaldi:
- Protezione dei giovani,
- Promozione dei giovani
- Partecipazione dei giovani.
In totale sono state formulate ben 144 raccomandazioni.
- Per quanto le questioni sull’asilo e la migrazione non rientrino tradizionalmente nel mandato politico dell’OSCE, i partecipanti hanno deciso di formulare due raccomandazioni al riguardo.
- Si sono inoltre pronunciati su forme alternative di servizio militare. Si è inoltre debitamente discusso di istigazione all’odio e degli effetti nefasti del cyber-bullismo.
- Un ulteriore tema trattato concerne le modalità per scongiurare la violenza legata all’estremismo e radicalismo, così come un accesso migliore e più efficiente alle infrastrutture e ai servizi sanitari per i giovani provenienti da contesti emarginati e gruppi vulnerabili.
- È particolarmente degna di nota l’importanza assunta da questioni legate all’istruzione, mercato del lavoro, occupazione, disoccupazione e imprenditoria: sono questi, temi che trattate anche qui a Berna.
Questo ventaglio di materie è in assoluto il più completo nel contesto del Piano d’azione per la gioventù. Al centro di questo capitolo figura il bisogno di una migliore integrazione dei giovani nel mercato del lavoro, attraverso ad esempio l’introduzione di incentivi fiscali per le aziende che offrono posti di tirocinio. In tre raccomandazioni è stato suggerito quale misura il «vocational training», ovvero il sistema di formazione duale, così come posti di lavoro in ambiti innovativi come l’«economia verde» e le nuove tecnologie, nonché programmi di formazione e scambio.
- I giovani, destinati ad assumere viepiù il ruolo di «protagonisti», dovrebbero essere coinvolti maggiormente nella promozione della pace e nella risoluzione dei conflitti, secondo il Piano d’azione per la gioventù.
- Gli ambasciatori della gioventù caldeggiano anche la creazione di un Consiglio della gioventù dell’OSCE, che si riunirebbe annualmente nella Conferenza della gioventù dell’OSCE. Questa conferenza annuale è concepita anche come incontro di «controllo», atto a valutare l’entità dei progressi compiuti dagli Stati membri nell’ambito della politica dei giovani dell’OSCE. Un’ulteriore raccomandazione riguarda la creazione della carica di Delegato speciale OSCE alla gioventù e di Unità di coordinamento della gioventù.
Si è inoltre prospettata la creazione di una «Giornata della gioventù» e l’estensione delle competenze delle strutture esistenti dell’OSCE al fine di considerare anche problematiche dei giovani.
- Il Modello OSCE ritiene inoltre che i giovani dovrebbero essere coinvolti maggiormente nelle attività di monitoraggio delle elezioni.
- Intense e accese discussioni hanno anche riguardato la questione dell’età minima richiesta per poter partecipare alle elezioni nazionali. Il diritto di voto a partire dai 16 anni non è dunque un tema in discussione soltanto in Svizzera.
Un fatto positivo è che l’entusiasmo dei giovani ambasciatori ha contagiato anche altri attori: uno dei giovani partecipanti si è recato direttamente presso una missione sul campo dell’OSCE nel proprio Paese ed è riuscito a convincere il capo a coinvolgervi maggiormente i giovani. La suddetta missione ha dunque creato un Youth Advisory Group che al momento segue e commenta il lavoro della missione.
Altre missioni sul campo hanno cominciato a sondare le modalità per coinvolgere maggiormente i giovani nel proprio lavoro. L’ODIHR, Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo dell’OSCE, ha già organizzato due volte quest’anno un Forum della gioventù e accolto le raccomandazioni inscritte nel Piano d’azione per la gioventù del Modello OSCE.
Ho invitato tutti gli ambasciatori della gioventù al Consiglio dei Ministri che si terrà a Basilea agli inizi di dicembre, dove avranno la possibilità di esporre il proprio Piano d’azione per la gioventù ai Ministri degli esteri. La voce dei giovani potrà farvi sentire un messaggio diretto e autentico.
Cari amici,
La gioventù nel cuore della politica: è come l’acqua di un bel fiume, la si può ascoltare e osservare per ore. Ma molto resta da fare: ad esempio la lotta contro il fenomeno dei bambini soldato, uno scandalo che ruba la giovinezza facendone scempio, o ancora i corsi in rete forniti su ampia scala dai Politecnici federali e che offrono ai giovani dei Paesi in via di sviluppo la possibilità di accedere alla formazione universitaria. La lista è interminabile, come lo è il flusso delle generazioni …
Vi ringrazio per il vostro impegno.
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