Onorevole signor Sindaco Arrigoni, caro Bruno
Gentile Consigliera nazionale e municipale di Chiasso Pantani, cara Roberta
Onorevoli municipali di Chiasso e dei Comuni del Mendrisiotto
Stimati membri dei legislativi comunali, cantonale e federale
Illustri ospiti svizzeri e stranieri
Sehr geehrte Damen und Herren
Mesdames et Messieurs
Chars giasts da lingua Rumantscha
Signore e signori
Grazie per avermi invitato a festeggiare con voi il 728.imo compleanno di questo nostro stupendo Paese: la Svizzera!
La festa di questa sera a Chiasso è per me la terza tappa – una tappa particolarmente gradita – di un viaggio di tre giorni per la nostra Festa Nazionale. Un viaggio che mi conduce attraverso tutte le regioni linguistiche della Svizzera. Dalle montagne alla pianura, dal centro ai confini del Paese.
a) Ieri sera ero a Krauchthal, nelle colline dell’’Emmental bernese, poco lontano dalla Città federale. Lì, nella Svizzera tedesca, abbiamo festeggiato la Svizzera con un po’ di anticipo.
b) Stamattina ero in Romandia, nel Canton Vaud. Più precisamente sull’alpeggio dell’Etivaz dove viene prodotto il formaggio omonimo, il primo prodotto alimentare svizzero, escludendo il vino, ad aver ricevuto nel 2000 la Denominazione d’Origine Protetta (DOP).
c) Stasera sono tornato a casa, in Ticino, per raggiungervi a Chiasso, alla frontiera meridionale del nostro Paese.
d) E domani sarò a Zuoz, nei Grigioni, per festeggiare i 100 anni della Lia Rumantscha.
Perché vi racconto di questo piccolo ma variegatissimo tour de Suisse?
Perché la coesione nazionale mi sta a cuore. La coesione nazionale non è un proclama politico; è un fatto che ci contraddistingue. Non è una banalità; è una condizione eccezionale. Non è una bizzarra particolarità; è un vantaggio di cui essere fieri.
Al momento della mia elezione in Consiglio federale, ormai quasi due anni fa, mi sono posto un obiettivo: contribuire a unire il nostro Paese e le sue diverse culture, in ogni possibile occasione. Così da testimoniare concretamente che il Consiglio federale è il Governo di tutta la Svizzera, delle sue quattro lingue e di tutte le sue diverse identità.
Nel discorso del 20 settembre 2017, con cui ho accolto l’incarico datomi dal Parlamento, mi sono espresso così:
«Sie haben sich mit meiner Wahl auf die Stärken unserer Willensnation besonnen. Die Schweiz ist eine Einheit, geschmiedet aus sprachlicher und kultureller Vielfalt, mit der Freiheit als verbindendem Wert. Jetzt bietet sich die Gelegenheit, unseren Zusammenhalt dort zu stärken, wo er angesichts der besonderen Herausforderungen und der geografischen Lage rostet. Ich stelle mich als Schmied in Ihren Dienst und will unser Land noch stärker zusammenschmieden».
Questa, quindi, è la mia intenzione: Den Zusammenhalt stärken, wo er angesichts der besonderen Herausforderungen und der geografischen Lage rostet = Rafforzare la coesione nazionale in particolare dove rischia di affievolirsi, a causa di sfide particolari oppure a causa della posizione geografica.
Qui, nel Sud del Paese, sapete bene di che cosa parlo. Le decisioni della Berna federale sono lontane, non sempre comprensibili. La frontiera è al contempo una ricchezza e una sfida costante. Voi – signore e signori – delineate la Svizzera. La Svizzera non sarebbe tale senza di voi. La Svizzera ha bisogno dei suoi punti cardinali: del suo Sud, così come del Nord, dell’Est e dell’Ovest.
E pensare che nel 1811 si voleva cedere il Mendrisiotto al Regno d'Italia. La Dieta federale aveva protestato, ma poi aveva dovuto accettare di "jeter une partie de la charge afin de sauver le navire", come affermano i documenti dell’epoca. Pensate: anche il Gran Consiglio ticinese acconsentì, nella speranza di ottenere in cambio i territori di Luino. Siamo perciò felici e fieri che le cose siano andate diversamente! Infatti, in seguito alle prime sconfitte di Napoleone in Germania, l’integrità del territorio ticinese, così come lo conosciamo oggi, fu salvata.
Signore e signori
Le frontiere hanno da sempre una doppia funzione. Dividono e uniscono. Questa seconda funzione – quella che lega – è profondamente ancorata nella struttura del nostro Stato, costruito dal basso verso l’alto: 2212 Comuni costituiscono le fondamenta, 26 Cantoni sono la nostra casa e un’unica Svizzera è il tetto che ci protegge. Perché, dunque, la coesione nazionale mi sta tanto a cuore?
Innanzitutto perché come ticinese sono particolarmente consapevole – giorno dopo giorno – della pluralità di questo Paese. Ma anche perché, molto concretamente, questa coesione è il pegno della nostra prosperità. Coesione rima con prosperità!
La Svizzera non è, e nemmeno vuole essere, una grande potenza militare. Ha però un posto importante tra le potenze economiche e politiche mondiali, e questo proprio grazie al nostro stare assieme. Tuttavia la coesione nazionale non è scontata, e nemmeno garantita dal cielo. Va nutrita e rinnovata di continuo, grazie al federalismo!
Come ministro degli Affari Esteri ne faccio esperienza di continuo: il federalismo svizzero è considerato un modello da imitare. Nel mondo godiamo di una buona reputazione. Vengono apprezzate la disponibilità al dialogo, la competenza nell’arte del compromesso. I buoni uffici elvetici sono cercati attivamente là dove ci sono crisi e conflitti. Si ammirano la nostra affidabilità e la nostra stabilità.
Tutto ciò è bello. Ma possiamo essere certi che sarà così anche tra dieci, venti o cinquanta anni? Quali sono i nostri obiettivi? Sappiamo in che direzione vogliamo andare? Nel Paese delle meraviglie, il gatto dice ad Alice: «Se non sai dove vuoi andare, non importa che strada prendi». Noi siamo in Svizzera, che è senza dubbio un Paese delle meraviglie ma anche un Paese reale: dobbiamo quindi sapere dove vogliamo andare e quale strada vogliamo prendere.
Gouverner c’est prévoir – ouì, même en Suisse. Governare significa prevedere.
In altre parole: il ruolo del Consiglio federale è rendere possibile un futuro per il nostro Paese. Un futuro per questi bambini, per le generazioni che verranno dopo di noi. Per farlo, ci serve una bussola. Per questo motivo ho chiesto a un gruppo di esperti di riflettere al ruolo che la Svizzera avrà nel mondo tra 10 anni. Da queste riflessioni è nato un libretto, che è stato pubblicato a inizio luglio e che è a disposizione sul nostro sito – anche in lingua italiana!
Questo libro sarà per me e per il Dipartimento che dirigo un’importante fonte di ispirazione. Gli esperti ci suggeriscono di cercare un buon equilibrio tra autostima e modestia, una caratteristica quest’ultima tipicamente elvetica. Insomma né sbruffoni né troppo timidi, ma coscienti delle nostre forze così come delle nostre debolezze!
Nel libretto non troverete espressioni talvolta abusate come “piccolo Stato” o “piccola Svizzera”. Al contrario: gli esperti immaginano una Svizzera che si posiziona come un attore politico riservato ma influente, coerentemente con la nostra natura e neutralità. In poche parole: il libro presenta una visione per la politica estera del nostro Paese basata sui valori e sui principi della nostra Costituzione. Perché non mi stancherò mai di ripeterlo: la politica estera è politica interna.
E viceversa: la politica interna è – sempre più spesso – anche politica estera. Partecipando alle discussioni nel mondo, combattendo per il rispetto del diritto internazionale, possiamo meglio difendere ciò che ci sta a cuore. Impegnandoci per la pace e per la stabilità, ci battiamo anche per i nostri interessi secondo il mandato datoci dalla Costituzione federale. La Svizzera esiste – dice l’articolo 2 della Costituzione – per garantire sicurezza e benessere ai propri abitanti.
Signore e signori,
Permettetemi di formulare un auspicio per questa Festa Nazionale: restiamo fedeli a noi stessi! Fedeli come la bandiera svizzera. La nostra bandiera resterà sempre quadrata, anche se non corrisponde ai criteri usati nel mondo (infatti solo la nostra e quella del Vaticano sono quadrate, tutte le altre sono rettangolari - con l’eccezione del Nepal, la cui bandiera è composta da due triangoli).
Questa croce bianca su sfondo rosso non cambierà, così come non cambierà la simmetria perfetta tra l’asse orizzontale e quello verticale. Questo equilibrio è il collante che ci tiene assieme. Rappresenta l’integrazione delle diverse culture di questo Paese, da Sud a Nord, da Est a Ovest. Ci ricorda la nostra appartenenza a un progetto che dura da 7 secoli: il progetto Svizzera. Tutti siamo chiamati a parteciparvi. Se smettiamo di avere rispetto per le diversità presenti nel nostro Paese, l’armonia si perde e nascono le difficoltà.
Cento anni fa, nel 1919, lo scrittore Carl Spitteler – il primo premio Nobel svizzero per la letteratura – pronunciava il suo celebre discorso alla Nazione. Erano i tempi della prima guerra mondiale, la coesione nazionale era a rischio. Così disse Spitteler:
“Dobbiamo sentirci uniti senza per questo essere uniformi. Non abbiamo lo stesso sangue, non abbiamo la stessa lingua, non abbiamo una casa regnante in grado di attenuare e comporre i contrasti, e non abbiamo nemmeno una vera e propria capitale”. Abbiamo, aggiungo io, solo una Città federale e solo 7 Consiglieri federali. Consiglieri, non ministri. Consigliano il Parlamento, che a sua volta consiglia il popolo, unico sovrano svizzero.
Queste caratteristiche erano, secondo Spitteler, “elementi di debolezza politica”. Oggi io direi piuttosto: elementi di forza politica! Ma è nella conclusione che vogliamo idealmente, cent’anni più tardi, riunirci a Spitteler: “Abbiamo veramente bisogno – diceva – di un simbolo comune che ci aiuti a superare questi elementi di debolezza. Ma fortunatamente questo simbolo lo abbiamo. Non ho bisogno di nominarvelo: è la bandiera federale”.
Vi svelo quindi il mio slogan per questo Primo d’Agosto. Uno slogan semplice, fatto di numeri anziché di parole: 1-2-3-4.
Un Paese, la Svizzera.
Due colori, il rosso e il bianco.
Tre giorni di viaggio, da Krauchtal a Zuoz, passando per L’Etivaz e Chiasso.
Quattro lingue.
È con questo spirito – 1,2,3,4 – che voglio augurare a tutti, di cuore, buona festa nazionale. Grazie per l’attenzione e BUON PRIMO D’AGOSTO!
VIVA LA SVIZZERA!